“Il colore ha bisogno di cambiare. Non apprezzeremmo il cielo azzurro se fosse sempre azzurro: sono le nuvole, lo scenario in continuo mutamento a rendere il cielo così bello.”
Christian Dior
Dopo la guerra, la cultura visiva del colore subì cambiamenti significativi. Con la diffusione delle pellicole Kodachrome e poi Ektachrome, apprezzate per la loro capacità di catturare colori vivaci, le riviste abbandonarono gradualmente le illustrazioni per passare alla fotografia a colori, introducendo un nuovo approccio al colore nella moda.
Per la sua prima collezione, Christian Dior specificò quali “sfumature delicate” e “tonalità vivaci” avrebbero dominato la primavera-estate 1947, come il “blu parigino”, il “kaki reale” e il “verde Longchamps”. “Non ho alcun desiderio di privare la moda (e le donne) del seducente fascino conferito dal colore, ma potrei benissimo disegnare un’intera collezione semplicemente in bianco e nero ed esprimere tutte le mie idee con mia completa soddisfazione”, riflette lo stilista nelle sue memorie del 1956.
Decorati da Victor Grandpierre, i saloni espositivi piuttosto sobri di 30 Avenue Montaigne erano in netto contrasto con questa idea. Il bianco e il grigio perla, caratteristici dello stile parigino neo Luigi XVI tanto amato da Christian Dior, creavano un ambiente neutro che regalava brillantezza ai look.